Quando si parla di social lending, si fa riferimento ad una nuova frontiera dei prestiti, nata nel 2004 nel Regno Unito (la prima piattaforma è stata Zopa) ed esplosa a partire dal 2008 negli Stati Uniti e nel resto d’Europa, come soluzione innovativa, per sopperire alla crisi bancaria di quell’anno.
Storia del social lending: dalle origini ad oggi
Le insolvenze maturate nel settore dei mutui subprime (prestiti “rischiosi”concessi ai soggetti debitori, che hanno avuto problemi creditizi pregressi), ha portato alla più diretta conseguenza di limitare e ridurre drasticamente il prestito concesso (credit crunch) alle PMI e ai privati. Con il sistema bancario in crisi, in primis quello statunitense, è stato necessario trovare delle soluzioni alla carenza di liquidità ed è così che si è diffuso il social lending (to lend vuol dire “prestare”).
Attraverso la creazione di portali telematici investitori e richiedenti si sono ritrovati a sostenersi a vicenda, entrambe le categorie a condizioni più vantaggiose rispetto a quelle imposte dagli intermediari finanziari tradizionali, ossia le banche: il rischio degli investitori, che decidono di partecipare ad un sistema P2P, rientra grazie ad un tasso di interesse più alto, così come i richiedenti possono sfruttare oneri di rimborso più bassi. Questo è possibile proprio perché il contatto tra loro è diretto, in quanto vengono annullati totalmente i costi dell’intermediazione bancaria.
Il social lending in Italia
In Italia il P2P lending si è affacciato, per la prima volta, nel 2008, ma solo negli ultimi anni, grazie a provvedimenti nazionali e alla Direttiva Europea n. 2007/64/EC[7] (“PSD – Payment Service Directive”) si sta allargando a macchia d’olio. È stato definito, nello specifico, un quadro normativo riguardante la gestione delle piattaforme di crowdfunding e di lending, stabilendo una maggiore protezione per gli investitori in termini di adeguate garanzie, sia a livello nazionale che europeo.
I vantaggi del social lending
L’ampliamento dell’offerta di credito, ovviamente, non riguarda soltanto gli investitori, ma al contempo anche i richiedenti, le cui domande, nella maggior parte dei casi, vengono rifiutate dalle banche, soprattutto quando l’importo non è eccessivamente elevato, e quindi considerate poco remunerative.
La natura digitale del social lending, invece, riduce tempi e costi dell’erogazione del credito ed è considerato proprio questo il suo vantaggio principale. Quanto alle garanzie, ricordiamo che vengono tenuti in considerazione i dati disponibili nel Sistema di Informazioni Creditizie, ciò appunto a garanzia dell’intera struttura del P2P, quindi per tutelare soprattutto la categoria degli investitori.
Qual è il futuro del social lending?
Il concetto di community è alla base del social lending: l’incontro diretto tra investitori e richiedenti in modalità dinamica all’interno di una piattaforma digitale, che mette in comune le esigenze di entrambi, potrebbe essere considerata la soluzione definitiva alla mancanza di credito e alla sfiducia nel settore degli investimenti. Benché il sistema finanziario Italiano possa essere considerato immaturo rispetto ad un’innovazione simile, non dimentichiamoci che strutture come UBER e Airbnb nascono sullo stesso principio dell’immediatezza e della condivisione.
È un dato di fatto che siamo di fronte ad un’epoca di cambiamenti radicali, rafforzata dall’utilizzo del digitale, che non può di certo essere arrestata. Ed è proprio all’interno di questo panorama che si inserisce di prepotenza anche il social lending, la cui scalata nel settore creditizio, soprattutto negli ultimi anni, potrà essere considerata come la soluzione definitiva, che abbatte le barriere delle articolate sovrastrutture economiche e avvicina i consumatori in un mercato più democratico e orizzontale.